Zarri, Adriana by Un Eremo Non è Un Guscio Di Lumaca

Zarri, Adriana by Un Eremo Non è Un Guscio Di Lumaca

autore:Un Eremo Non è Un Guscio Di Lumaca [Lumaca, Un Eremo Non è Un Guscio Di]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Etica e Filosofia, Religione
ISBN: 9788858404423
editore: Einaudi Edizione Digitale
pubblicato: 2011-04-28T22:00:00+00:00


Lavorare per vivere

Prima dicevo della dipendenza. È un altro capitolo del monachesimo. Si è visto in quanta considerazione esso tenga il lavoro; eppure, parallelamente, tiene in onore anche la mendicità; e, accanto ai monaci residenti, che si sostentavano con la loro fatica, c’erano i monaci itineranti che vivevano d’accatto. E quella linea mendicante ebbe tanto sviluppo da dare il nome ad alcuni grandi ordini religiosi. Il pensiero va a san Francesco, che siede sulla soglia di san Pietro, a tendere la mano; o ai tanti frati «cercatori» che un tempo percorrevano la città e soprattutto la campagna. Era una forma di... finanziamento ma era molto di piú. Non c’è dubbio che il tipo di vita questuante, quale fu praticato da tanti santi religiosi, non era solo accattonaggio né solo un modo di sostentamento, ma soprattutto incarnava dei valori, quali la povertà, l’umiltà, il senso della dipendenza e del debito.

Eppure oggi è proibito dalle leggi civili ed ecclesiastiche; e, se vediamo qualcuno che, in santa disobbedienza, ancora lo pratica, proviamo un senso di fastidio, anche se nessuna ombra ci dà fra’ Galdino, quando lo incontriamo nelle pagine dei Promessi Sposi, intento alla sua itinerante fatica. È chiaro che qualcosa è cambiato nel nostro contesto sociologico; e ciò che, un tempo, poteva essere virtuoso e legittimo, oggi ci desta qualche perplessità. È cambiata la situazione religiosa. In clima di cristianità, quando tutti erano – o si stimavano – credenti, la preghiera era riconosciuta come un servizio ecclesiale e sostenuta anche materialmente. Oggi, in un clima prevalentemente laico, i «cercatori» avrebbero scarsa fortuna e incontrerebbero molte contestazioni; e gli stessi credenti, in un clima siffatto, trovano piú opportuno non dare corda agli equivoci che, da quel mendicare, potrebbero nascere. Magari aiutano i contemplativi ma preferiscono un soccorso piú discreto, che non batta le strade, con la borsa dei frati cercatori.

Io stessa, in un momento di emergenza, fui «presa in carico» da una comunità: un piccolo gruppo di credenti che si offerse spontaneamente di «adottarmi» perché credeva nel servizio monastico. «Tu sei la nostra eremita, – mi dissero, – e non ti devi troppo preoccupare. Ci siamo noi alle tue spalle. Ci siamo noi perché vogliamo che tu stia lí, perché crediamo nella tua presenza». Il discorso era ecclesialmente corretto, l’offerta era semplice e discreta, e io non la rifiutai, anche se poi faccio di tutto per non pesare su quei miei fratelli (e non ci riesco mai completamente perché prevengono anche quei desideri che non esprimerei).

Sono povera, amo il senso del debito e tuttavia non intendo praticare la mendicità. L’uomo del nostro tempo ha scoperto la dignità del lavoro e la fierezza di trarre da questo il proprio pane. Anch’io voglio vivere cosí, senza esenzioni o privilegi. Senza però neanche l’orgoglio di bastare a me stessa, perché so che non basto. Bisogna allora liberare i valori che la mendicità sottende dalla particolare forma storica in cui si erano incarnati. Senza ricalcarne materialmente le orme, cerco perciò di cogliere il messaggio che il questuante



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